Archeologia Domestica Vol. I è parte di una ricerca di Silvia Giambrone che mostra molti lavori recenti, realizzati con diverse tecniche, dal ready-made modificato fino a incisioni, scannerizzazioni e altre tecniche di riproduzione. Si tratta spesso di immagini che mostrano tracce parlando in senso semiotico, ovvero testimonianze di oggetti domestici. Ci si trova dunque davanti ad accostamenti che straniano, che costringono a salti della mente, oscillando dal campo della vita quotidiana e domestica a quello dell’allegoria riguardante l’esistenza. Come Fiat lux, oggetti liturgici che ricordano da vicino le bombe molotov o come Nobody’s room, oggetti-microfono, attorno a cui avviene una performance dall’omonimo titolo. In questi lavori la modifica dell’oggetto non cerca di spostare il senso dello stesso verso nuove sistemazioni nel mondo del reale o verso svelamenti estetici, ma cerca di far apparire potenzialità nascoste, sensi sottesi e reconditi che aspettavano di essere resi espliciti.
I lavori presenti sviluppano e approfondiscono il tema del conflitto e della minaccia in rapporto a quello del quotidiano domestico; il quotidiano è qui una sorta di simbolo dell’io che si adatta e si confronta col conflitto stesso. Appare abbastanza evidente, ad esempio nella serie di lavori Vertigo, una serie di oggetti scannerizzati stampati su carta da pacco. Si tratta di coppie di oggetti che sembrano minacciarsi reciprocamente evocando simbolicamente anch’essi la violenza domestica, si formano linee il cui accostamento scatena un diverbio mentale di associazioni e riflessioni, con continui rimandi tra l’idea di minaccia e quella di quotidiano. Il video Sotto tiro è una sorta di archetipo del lavoro e ne è parziale chiave di lettura. Il soggetto sotto tiro dapprima infastidito, infine convive e quasi collabora con il conflitto. La riflessione personale del soggetto è portata fino al livello quasi analitico dello scavo verso le origini, alla ricerca del senso; ricerca che si espleta nel resto della mostra, quasi come in un concept album.
In tutto il lavoro di Silvia Giambrone Archeologia Domestica Vol. I, infatti, a mio avviso, sembra che le cose si poggino sul mondo lasciando si una traccia di sé, ma per meglio sparire, come diceva Silvia Bordini in un suo testo sulla fotografia, e tuttavia dissolversi in un apparire di senso. In questo scomparire infatti qualcosa resta, ma c’è di più; questo scomparire stesso è qualcosa.
Dunque da un lato abbiamo la traccia del reale riproposta con varie tecniche, un reale domestico quotidiano che tolto dal suo vincolo di esistenza materiale oggettiva mostra la sua gnosi, diventa qualcosa di mentale, armi di battaglia, origine del mondo concepita per linee di energia quasi spirituali: conflitto, ricerca, linee, emozioni.

Il domestico è il luogo privilegiato della più grande battaglia di tutte che è l’esistenza. Dietro questo, in un ipotetico secondo piano c’è la sparizione degli oggetti in quanto tali. Gli oggetti sono qui archeologia di se stessi: questo scomparire è un’esilità, una flebilità ma non totalmente un’inesistenza: il loro rendersi fantasmi accentua bensì la loro trasformazione allegorica e li mostra come scavo, analisi. Non tanto fantasmi quanto polvere e ossa di una più profonda e imponente presenza originaria; talmente tanto che perfino la loro presenza in ready made è insicura, trasfigurata, pretesto per divenire altro da sé svelando così altri significati esistenziali reconditi. E infine c’è la sparizione stessa che esiste in sé, in quanto sparizione, vista come oggetto, tangibilità dello scomparire. La nebbia che avvolge il mondo si fa presenza mano a mano che arretrano gli oggetti. Si fa pensiero nella misura in cui in ogni analisi, lo scavo stesso, non è solo percorso ma è parte integrale della comprensione: presenza di un campo oltre il campo del reale e dentro di esso, il campo stesso della comprensione vista come luogo estetico. (2015)

Vedi i lavori su http://www.silviagiambrone.com/opere/